Racconto breve distribuito gratuitamente ai partecipanti della “Festa dell’albero” organizzata a Roma al Parco del Pineto Domenica 20 Novembre 2016.
1.
“Per tutti questi anni i miei occhi hanno contemplato le scene mutevoli dell’autunno. Ho parlato a sufficienza del chiaro di luna. Non mi domandate più niente. Prestate ascolto alle voci dei pini e dei cedri quando il vento tace“. Poche parole e sagge, tratte dal poema di Ryo Nan, parole che hanno accompagnato la veglia funebre della grande scrittrice Marguerite Yourcenar. Prestate attenzione alle voci dei pini questo è il consiglio che ci viene impartito dalla religiosa buddista del secolo scorso e noi lo facciamo. E chissà com’era la voce di disperazione e addio del pino che ieri è caduto a Roma in Piazza Trento spazzato via dal vento impetuoso di un temporale. Un Pino, un albero che è allo stesso tempo immagine e simbolo di Roma con la sua chioma verde elegante inconfondibile che svetta verso l’alto emozionandoci. E che dire poi dei Pini che nel 1932 furono messi a dimora nella via dei fasti romani, quella che una volta chiamata via dell’Impero fu poi ribattezzata Via dei Fori imperiali, la via della parata militare del 2 Giugno che ha visto passare sfilate e plotoni di centinaia di migliaia di soldati , mezzi di guerra, missili, obici, crocerossine, dagli anni trenta ad oggi? Soldati e mezzi bellici che dall’alto delle loro chiome sempreverdi i diversi pini presenti nella via hanno sempre guardato con aria schifiltosa perché il pino come tutti gli alberi va contro la guerra, un albero infatti come ci ricorda il poema di Ryo Nan è un grande contenitore di energia pacifica, ombra, silenzio. Ma cos’è un albero ? Un albero è un essere vegetale fatto, come noi, di cellule viventi e respiranti che si differenziano dalla cellule animali per essere rivestite da una parete cellulare composta da lignina e cellulosa che gli conferisce resistenza elasticità e forza nonché durata nel tempo e, per questo motivo, un albero continua, a differenza di noi umani, a vivere come legno anche una volta morto. L’albero quindi è un essere vegetale, e potremmo definirla una pianta superiore, visto che grazie al suo tronco composto da un corpo che noi da secoli abbiamo sempre chiamato legno riesce ad elevarsi anche a centinaia di metri di altezza, come la Sequoia o l’Eucalipto. E il legno del pino , ma anche le sue foglie modificate, degli aghi portati a ciuffi di due, sono ricche di resina, un liquido denso e incolore che scorre in appositi canali, chiamati canali resiniferi, canali paragonabili a dei cappotti, o meglio a dei piumoni, che permettono a questo albero di sopravvivere alla rigidità dell’inverno. E’ un albero antico il pino, antico per la cultura romana e poi quella italiana. La leggenda vuole che sia stato importato dagli antichi romani dal medio oriente per realizzare con il suo legno le loro navi e con la sua resina trasformata e cotta in nera pece la calafatura con la quale impermeabilizzavano il legno in modo che potesse rimanere in acqua salata senza marcire o subire l’attacco delle teredini per anni. Anche se ricerche effettuate da paleontologi su pollini fossili dicono che in alcune aree del mediterraneo come la Pineta del Tombolo il pino era già presente come specie naturale. E’ un albero il pino, in particolare nella specie Pinus pinea, si dice pìnea con l’accento sulla i, che caratterizza da sempre la storia della città eterna: Roma. Una città eterna perché si pensa che dopo essere stata fondata da Romolo sulla cima del Palatino nel lontano 21 Aprile del 753 a.C. continuerà a vivere in eterno sfoggiando giorno dopo giorno scorci ineguagliabili di bellezza e storia, scorci che senza la silhouette dei tronchi a placche , placche verticali rosse marroni , e delle chiome globose e sempreverdi dei pini non avrebbe senso e lo stesso effetto. E sono proprio le placche nella quali la sua rude e liscia corteccia si sfalda , le sue placche verticali rosse e marroni che lo differenziano insieme al portamento dei rami assurgenti, cioè portati a gomito, dall’altro pino con il quale si confonde il Pinus pinaster o pinastro quello che tutti chiamano pino marittimo che invece porta rami orizzontali e con placche quadrate. Pino marittimo che deve il suo nome comune al fatto che avendo questo portamento orizzontale delle sue branche di rami, il vento passa in mezzo alla chioma si fa attraversare e quindi riesce a vivere vicino alle dune sabbiose battute dai venti marini. Il pino romano invece, chiamato anche pino ad ombrella per la forma ad ombrello della sua chioma verde e a globo oppone una maggiore resistenza al vento e piuttosto che farlo passare attraverso i suoi rami lo fa scivolare attorno alla sua chioma che compatta resiste come se fosse un cono gelato. Un cono gelato verde che svetta nell’alto del cielo azzurro provocando emozioni e bellezza. La tecnica di resistenza all’azione dei venti sono legate alle tecniche di sopravvivenza che caratterizzano il destino di un albero, un destino che si basa su due principi essenziali, il primo: l’albero è un’insieme di corpi, di menti, di braccia, un albero è sempre un insieme di individui che convivono insieme mentre un uomo è un solo individuo. Per comprendere meglio quello che sto dicendo uso un’immagine storica. Maximilien de Robespierre smise di pensare ed elaborare pensieri ed immagini così come il suo cuore smise di pompare sangue per nutrire il suo corpo quella mattina del 1794 quando la sua testa (già sufficientemente massacrata da un colpo di pistola che gli aveva fracassato la mascella) si trovò a fare i conti con le lame taglienti della ghigliottina che in un attimo gli staccarono la testa. E ad un uomo quando gli si stacca la testa non esiste più nelle sue funzioni vitali : noi diciamo che è morto. Mentre a un albero quando si taglia o gli staccano i rami o gli si taglia di netto il tronco (un operazione chiamata capitozzatura che negli ultimi anni viene aspramente condannata) lui può continuare a vivere. Non però per il pino, e lo vedremo tra poco, che infatti se tagliato nel tronco come l’odiato Robespierre non ricaccia e muore per sempre. E un albero a differenza di un politico francese, italiano o perché no portoghese non è portatore di ideologia odio, e terrore ma portatore di ombra, bellezza e ossigeno.
2.
Eccoci di nuovo. Parlavamo del destino di un albero e della sua capacità di sopravvivere all’azione delle condizioni ambientali e meteorologiche avverse. Se il primo principio essenziale dice che un albero è sempre un insieme di individui che convivono insieme, il secondo ci informa che, ed è cosa apparentemente ovvia, che l’albero affronta il suo destino rimanendo fermo. Un albero non si muove mai. Un albero a differenza di quello che dice Gesù nel Vangelo di Marco non cammina (si tratta però in questo caso di una parabola metaforica). Gli alberi non camminano, rimangono fermi e nonostante a qualche umano sia venuta in mente l’idea di costruire una specie di macchina-cavatappi che prima solleva gli alberi, poi li ricarica su un camion e poi li ripianta (un’operazione che viene chiamata trapianto di grandi alberi) quando questo succede le possibilità che un albero possa di nuovo attecchire sono veramente poche. Perché? Semplice, perché gli alberi sono tutti esseri che vivono con la testa all’ingiù, anche il pino nonostante sembri che il centro del suo essere possa essere la sua grande chioma verde addobbata come un albero di Natale naturale con piccole, splendide e dal disegno geometrico pigne. Pigna o pina il cui nome botanico corretto è strobilo. Una magica costruzione della natura fatta di scaglie che proteggono nudi semi, dal disegno a spirale al quale si è ispirato Michelangelo per la realizzazione del piazzale del Campidoglio a Roma, nel quale possiamo leggere le semplici legge dell’accrescimento della natura, una legge studiata dal nostro Leonardo Fibonacci e chiamata anche la legge della sezione aurea, quello 0,618 che si ripete caratterizzando le proporzioni di una conchiglia, di un tempio greco e perché no anche della crescita della chierica dei nostri capelli. Un albero quindi vive con la testa all’ingiù e con un sistema neurosensoriale, presente nel suo apparato radicale che gli permette di sondare il terreno e andarsi a prendere acqua e nutrienti minerali necessari per la sua crescita ma anche di capire che cosa si trova nel terreno, se ci sono veleni, se ci sono attacchi di funghi (in quest’ultimo caso si stabiliscono alleanze produttive che vengono chiamate micorizze) o entrare in contatto con altri alberi e attraverso un doppio processo che scientificamente viene chiamato allelopatia e allelobiosi, stabilire alleanze positive o negative con gli esseri vicini che abitano e vivono nello stesso terreno.
3.
Abbiamo visto i due principi essenziali che riguardano la vita di un albero. Vediamo ora le quattro fasi che riguardano la sua vita. La prima. Da semplice seme , nel caso nel Pinus pinea un pinolo , un indurimento legnoso avvolge il seme, quel seme molto apprezzato nella cucina italiana, sia nei dolci che nel pesto. Non ci sarebbe pesto genovese senza pinoli. Un seme che ha caratterizzato la storia della nostra Italia, in particolare in Toscana, producendo lavoro ed economia nella sua raccolta e poi pulizia e vendita, e che il suo nome comune “pinocchio” ha poi portato al titolo del più grande romanzo per bambini di sempre Pinocchio di Carlo Collodi, un burattino di legno il cui naso diventa lungo proprio come l’endocarpo (così si chiama il rivestimento legnoso) del pinolo. La seconda.Una volta che il seme passa la fase di dormienza e attecchisce in terra si creano le prime radici che vanno ad esplorare il terreno e scoprono chi saranno nei prossimi anni i suoi alleati e nemici e allo stesso tempo mette le prime foglioline e inizia a creare e a metabolizzare energia attraverso la fotosintesi clorofilliana, il meccanismo magico delle piante che ha permesso la vita sulla Terra, grazie al quale l’energia del sole viene trasformata in zuccheri. L’anidride carbonica presente nell’atmosfera viene catturata e grazie al suo scarto prezioso ovvero l’ossigeno è possibile vivere in questo pianeta (l’unico con una vita nel pianeta solare) che noi abbiamo chiamato Terra. Repetita iuvant : senza piante e senza alberi la vita sulla Terra sarebbe impossibile. Eccoci quindi a parlare della terza fase. Una volta ben radicato e con le foglioline che iniziano a moltiplicarsi inizia la crescita dell’albero. Il tronco cresce e l’albero inizia ad andare verso l’alto per catturare la luce, (nella competizione tra gli alberi, magari in una jungla, vince che prende la luce del sole) le foglie si distendono, nel caso del pino foglie modificate, degli aghi, che permettono così all’albero di resistere nella sua crescita ai due principali nemici : il freddo (un pino può resistere anche a meno trenta gradi sotto lo zero) e il caldo che visto che le foglie traspirano acqua e vapore ( è questo un processo che si chiama evapotraspirazione che fa sì che in luoghi dove ci siano più alberi ci sia anche più acqua e vapore, un fenomeno questo spesso invisibile ai più che spiega perché d’estate gli alberi siano fondamentali a ridurre le alte temperature e le isole di calore nelle grandi città) un clima particolarmente arido potrebbe portare, attraverso la disidratazione, alla morte dell’albero. Una volta che l’albero diventa stabile attraverso un tronco che lo porta ad andare verso l’altro ma allo stesso tempo a crescere in larghezza producendo legno e un apparato radicale che scambia informazioni e si nutre con un terreno vivo, iniziamo a parlare della quarta parte che riguarda le fasi della vita di un albero, quella che riguarda la maturità e nella quale l’albero deve far i conti con la sua riproduzione. Il pino, considerato da Plinio il Vecchio albero perfetto perché una volta entrato nella sua fase di produzione non smette più di produrre pigne, ci mette tre anni per produrre una pigna, un processo nel quale grazie ai semi prodotti dalle pigne l’albero potrà continuare a vivere nelle generazioni future. Un processo, lo stesso che noi umani compiamo da sempre con i figli e più se ne fanno, Santa Caterina da Siena era la ventiquattresima figlia, e maggiori saranno le percentuali di sopravvivere della nostra specie. La quinte e ultima fase è invece quella della senescenza , una fase che nel caso del pino può durare anche qualche secolo, un Pinus pinea può infatti vivere anche fino a duecento anni. . E’ nella fase di senescenza che avvengono gli schianti, la carie, gli attacchi dei funghi, gli eventi atmosferici, venti, tempeste fulmini , l’uomo con la sua motosega. E questi eventi possono, da soli o in sinergia innestando delle concause, uccidere l’albero e riconsegnarlo alla terra nella quale riporta la sua componente chimica principale : l’azoto, senza il quale non ci sarebbe vita sulla terra. L’azoto, la benzina delle piante, il costituente fondamentale delle molecole organiche presente nel 78% dell’atmosfera terrestre. Prima però grazie ai numerosi semi prodotti l’albero sarà già riuscito a riprodursi e a mandare avanti la sua specie.
4.
Vi ricordate : “prestate ascolto alle voci dei pini e dei cedri quando il vento tace“? Le parole della saggia Ryo Nan. Il pino e la sua voce. Pinus pinea, pino da pinoli, pino italico questi i suoi nomi comuni. Abbiamo visto come funziona un albero e quali sono le sue fasi, cerchiamo ora di scoprire qualcosa di più sul pino. Il Pino è una Gymnosperma (Gymno come ginnastica ovvero derivato dal greco gymnos nudo, i ginnasti si chiamano così perché nel passato gareggiavano nudi, come non ricordare la mitica Gymnopedie di Erik Satie, ve lo ricordate vero?) perché i suoi semi non si trovano all’interno di un frutto ma rimangono nudi avvolti da scaglie. Il pinolo non è infatti un frutto ma un seme nudo rivestito da un rivestimento legnoso. Come tutte le Gymnosperme il pino è un albero che nella storia dell’evoluzione delle piante, dalle alghe acquatiche fino alle più sofisticate orchidee, si trova in una fase abbastanza primitiva. I suoi meccanismi di crescita, la resistenza agli adattamenti dell’ambiente e riproduzione sono relativamente più semplici rispetto agli altri alberi. E quindi anche se un albero è sempre un insieme di esseri, ve lo ricordate? Un pino non ha e non produce nel suo tronco gemme avventizie o latenti. Cos’è una gemma latente? E’ quel nodo importante pieno zeppo di cellule meristematiche, cellule simili alle nostre cellule staminali, che possono produrre in caso di necessità, quando un animale lo mangia o quando un uomo lo taglia per esempio, nuove cellule e nuova crescita. Un Pino quindi quando viene tagliato nel tronco non ha possibilità di rinascere ed è morto per sempre. Una specificità questa che conoscono bene i forestali che differenziano le foreste (la maggior parte delle quali in Italia sono artificiali ovvero create dall’uomo per produrre legno) in due tipi: le fustaie quelle create appunto con pini, che si tagliano a scadenza di anni ; e i cedui creati con alberi (faggi, querce, carpini e tanti altri) che sono dotati delle cosiddette proprietà pollonifere ovvero ricacciano con getti prodotti da gemme latenti alla base. Il pino è quindi un albero antico, dal seme nudo che non ricaccia una volta che viene tagliato e tantomeno riparte con nuovi getti, i polloni, una volta caduto.
5.
Ma perché cade un pino, perché il pino di Piazza Trento è caduto e ancora perché ultimamente c’è una sorta di paura e odio per i pini romani ? Pini romani che hanno ispirato una sinfonia ad Ottorino Respighi in quattro movimenti che si svolge creando atmosfere suggestive, movimenti che si svolgono attraverso i pini di Roma di Villa Borghese, del Gianicolo, delle catacombe e dell’Appia Antica. Pini romani che ancora hanno ispirato in tempi recenti una ben gettonata nonché semplice canzone “ Notte prima degli esami” del cantautore romano Antonello Venditti che nel su testo dice “ come i pini di Roma la vita non li spezza”. Insomma perché cade un pino? Diversi sono i motivi per il quale un pino può cadere, un’eventualità questa che , spesso però noi umani tendiamo a dimenticare, porta alla morte dell’albero e perché un albero, un essere vivente assetato di vita, dovrebbe volere la sua morte? Uno dei primi motivi è senz’altro il danneggiamento dell’apparato radicale. Il motivo per il quale il pino, sacro per i Romani ad Attis e Cibele è portato a grande rispetto e fonte di meraviglia, si deve principalmente alla sua magica e grandiosa crescita. Il pino cresce rapidamente in pochi anni e svetta in alto verso il cielo. E’ fantastico vedere da sotto le chiome verdi di un pino italico portate da ingegneristiche strutture di rami. E’ fantastico vedere, come nel grandioso pino di via Capodistria a Roma, la sua corsa elegante verso l’equilibrio e la stabilità che punta in alto verso il cielo. E’ questa grandiosità, questo equilibrio, questa armonica ricerca della grazia il segreto della sua meraviglia e della sua bellezza che negli anni ha ispirato poeti, musicisti, pittori : i pini sono tra gli alberi più belli del creato, lo sanno bene gli americani che vengono a Roma e rimangono conquistati dal loro fascino. Ma è sempre questa sua particolarità quella di crescere e diventare alto e svettare contro il cielo in così poco tempo che in questo nostro periodo caratterizzato dal sopravvento dell’artificiale sul naturale hanno portato alla paura e all’odio del pino. Se un pino cade,o anche cade un suo ramo dall’alto (basta anche una semplice pigna , i pini periodicamente andrebbero spignati) produce sempre un bel botto, spesso dei danni e tutto questo spaventa . E allora perché cade un pino? Quando si danneggia l’apparato radicale di un pino e gli si taglia una grande parte delle sue radici (magari per dei lavori del gas come è successo a Roma in via delle Medaglie d’Oro) l’albero perde la sua stabilità non riesce a tenere il suo precario equilibrio, e quindi spinto da forze esterne, vento o piogge abbondante che allentano il terreno o magari la neve che ne appesantisce i suoi tronchi, l’ albero inizia a cedere e cade.
6.
A questo punto penso sia giunto il momento di concludere : in questi giorni sui pini di Roma si sta scatenando una battaglia mediatica. I pini veri e proprie colonne del cielo, alberi timidi (sono tra gli alberi che evitano di toccarsi tra loro, così spesso succede nelle pinete) alberi che con la loro elegante bellezza hanno ispirato i migliori paesaggi italiani e caratterizzato la cultura italiana ( il Pino di Posillipo a Napoli presente in numerose foto e illustrazioni accanto al Vesuvio, vissuto fino a centoventinove anni e poi abbattuto nel 1984 perché malato , ma al suo posto è stato piantato un nuovo pino; il Pino di Clelia Garibaldi che Giuseppe Garibaldi piantò nel 1867 a Caprera in occasione della nascita di sua figlia Clelia ed è ancora vivente o il pino solitario di Kaos sotto il quale Luigi Pirandello volle che fossero sparse le sue ceneri, spezzato da una tromba d’aria nel 1997) stanno subendo un grave attacco nella nostra cultura. Molti pensano (in particolare amministratori poco accorti e sensibili alla conoscenza della nostra cultura) che i Pini in città debbano essere eliminati. Io non sono d’accordo e non sono il solo. Non rimane che salutarvi con questo famosa frase, tratta dai ben saggi indiani d’America, che diceva : ” gli alberi sono le colonne del cielo. Quando gli alberi saranno abbattuti, il cielo crollerà“.
E ora di tornare a casa. Pino, Pino ma dove ti sei cacciato?
Antimo Palumbo