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albizia

Viavai Giugno 2007

Antimo Palumbo

“Un cane che morde un uomo è un fatto normale, mentre un uomo che morde un cane è una notizia”. Parafrasando questo classico motto, da sempre usato nell’ambito giornalistico per spiegare come si dovrebbe costruire una notizia, potremmo dire : “un albero che cade su un uomo (o su una macchina) è un fatto normale, mentre un uomo (o una macchina) che fa cadere, investendolo, un albero è sicuramente una notizia, fuori dell’ordinario. Ed è quello che è successo nei giorni 9 e 10 Maggio in via Genazzano. Due esemplari di Albizia julibrissin, meglio conosciuta come acacia di Costantinopoli, sono state abbattute da due veicoli in transito sulla strada. La prima,quella che si trovava ad angolo con Via Teano, da un camion dell’Ama senza creare danni e la seconda da un camion di trasporti che, dopo averla divelta, l’ha trascinata su un motorino parcheggiato danneggiandolo. Questo è successo perché per i lavori di adeguamento della sede stradale (rinforzo e nuovo asfalto) per l’adiacente cantiere della Metro C di via Teano il transito sulla strada è stato ridotto ad una carreggiata. Nessuno, gli autisti dei due mezzi, e tanto meno l’ingegnere e “coordinatore della sicurezza in fase di progetto ed esecuzione” si è reso conto che non c’era spazio sufficiente per il passaggio di veicoli alti. E così quando è passato il primo veicolo, ha preso in pieno i rami sporgenti dell’albero e se l’ è trascinato sradicandolo. E dopo un po’ anche il secondo. Un incidente? Un errore di valutazione? Ci sarà qualcuno responsabile di quanto è successo? Beh, qualcuno dirà, in fondo erano solo due alberi. Non c’è stato nessun danno su persone o bambini, basterà una “tiratina d’orecchie” al responsabile per la sua disattenzione e tutto si risolverà per il meglio. Peccato però, perché la prima albizia (quella ad angolo con Via Teano) era uno degli alberi più belli del VI Municipio. L’avevo fotografata (la sua foto era anche uscita sul articolo di Viavai di Settembre dell’anno scorso, dedicato proprio alle albizie) e da giorni ero in attesa della sua fioritura colorata e a piuma di struzzo. Allo stupore e all’incredulità del fatto di non averla vista più al suo posto (ho subito pensato ai “cattivi” del Servizio Giardini, quando si tratta di alberi tagliati, magari per fine del ciclo vitale, ce la prendiamo sempre con loro. Il loro intervento c’è poi stato, ma solo per rimuoverel’albero oramai sdradicato) è seguita, grazie alle informazioni dei negozianti della via, la constatazione e la scoperta di quello che era successo. A completare il tutto c’è anche il fatto che al controllo della ceppaia il tronco tagliato risultava perfettamente integro, senza nessuna traccia di carie o patogeni, segno che l’albero stava in perfetta salute. L’immagine dei suoi fiori soffici e colorati, mossi e piegati dal vento, rimarrà ancoraper poco, nella memoria di chi, passandoci accanto d’estate, l’aveva vissutao notata. Poi come tutti gli esseri viventi che, prima o poi, scompaiono della sua presenza non ci resterà che un vago ricordo.

Antimo Palumbo

 

 

 

 

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Viavai Giugno 2007

Mi chiamo Massimino e sono un albero. Vi sembrerà strano che un albero possa parlare, eppure alcuni umani, chiamati Indiani d’America, questo fatto lo conoscevano già. Il nome con il quale gli umani mi chiamano è Pioppo, in particolar modo Pioppo cipressino , perché assomiglio a un cipresso e in latino Populus nigra italica. Ho più di 40 anni e sono alto più di 20 metri. Il nome Massimino invece deriva da quello di un soldato romano che, come splendida meteora,  riuscì , con la forza ed il coraggio (era alto più di 2 due metri , con un pugno poteva uccidere un cavallo o sollevare un carro con una mano) a diventare, nel 284 d.C.  imperatore (così gli umani chiamavano i loro capi nel passato) . Combatteva lontano da Roma ( la città in cui vivo) contro altri umani che si chiamavano Alemanni, un battaglia che, mi è stato riferito, (altri umani e con modalità del tutto differenti)  qualche anno fa combattevano contro un altro umano che portava un nome simile. Sono nato da un seme piantato dai  ragazzi di una Scuola (media perché si trova  a metà della loro formazione educativa) di un luogo che loro chiamano “quartiere Casalbertone” . Sotto le mie fronde verdi e tremule, sono  passati,  mentre giocavano, si rincorrevano con grida di gioia,vitalità e spensieratezza, migliaia di ragazzi che poi cresciuti sono andati a svolgere e a dipanare la loro opera e storia individuale nel mondo. Alcuni di questi, la maggior parte, non si sono spostati di molto ed ora abitano in case di cemento a poca distanza dallo spazio dove ancora adesso vivo. Uno spazio che ad un certo punto è stato abbandonato perché l’edificio che ospitava la scuola era stato costruito con un materiale, che si chiama amianto,  che poi gli umani ( ma questo io già lo sapevo) hanno scoperto essere dannoso ( loro dicono cancerogeno, la stesso termine che viene usato per la malattia che colpisce i nostri cugini Platani, il “cancro colorato”). Nello spazio poi ci sono stati diversi passaggi e movimenti , presto, l’edificio verrà abbattuto ( con una procedura molto costosa, ho sentito dire, visto che rimuovere questo amianto è molto pericoloso). “Riqualificazione del quartiere” questa è la frase usata dagli umani ( ora quelli che comandano non si chiamano più imperatori,  ma politici) un progetto e una migliorìa che prevede la costruzione di due nuovi edifici : una palazzina a 5 piani con un garage per mettere le macchine ( siete fortunati voi uomini che vi potete spostare così facilmente) e un edificio a due piani che invece ospiterà alcuni di quei ragazzi , che ho visto giocare dall’alto dei miei rami, ora cresciuti e diventati adulti  ( come me) che lavoreranno in un laboratorio  (dal latino laborare) per produrre attività sociali e culturali ( così le hanno chiamate) per il quartiere. Lancio questo appello, ed è la prima volta che mi permetto di parlare , perché penso di avere le ore contate. Nessuno ormai da anni si rende conto della mia notevole statura e del mio portamento saggio e maestoso. Anzi la maggior parte degli umani neanche sa che io esisto. E presto, ripeto presto, gli umani arriveranno con i loro strumenti metallici con i denti affilati e il motore a scoppio , all’alba di una mattina senza nome e salendo con una macchina, che loro chiamano gru, (strano che sia  lo stesso di un uccello) riusciranno a guardarmi sulla cima ed inizieranno a tagliarmi. I politici umani ( e non solo loro) non sembrano interessati alla mia sorte. Sembra , invece, che il loro interesse, secondo quello che loro chiamano progresso, tenda a privilegiare il cemento piuttosto che il verde.  Genitori, persone sensibili, anime buone fate qualcosa affinché non mi taglino presto. Venite a trovarmi.  Io vi ripagherò con tanto ossigeno, ombra e speranza per un futuro vivibile. Ritorno ora, in silenzio,  a parlare, solo con le mie foglie mosse dal vento.

Antimo Palumbo

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